Cassino e l’Abbazia, la rinascita dopo i bombardamenti

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A Cassino, in provincia di Frosinone, il ricordo indelebile dell’ultima guerra mondiale è presente fin dal piazzale della stazione ferroviaria, nei due carri armati divenuti monumento e testimonianza degli oltre 30.000 caduti di ogni nazionalità seppelliti nei cimiteri di guerra della zona, tra cui un cimitero polacco, un cimitero del Commonwealth, e un cimitero tedesco.

Abbazia Cassino


Nel 1944 si svolsero qui le quattro battaglie di Cassino, tra le più importanti della seconda guerra mondiale.
Cassino era situata lato Nord della cosiddetta linea Gustav, la linea che tagliava l’Italia dal Tirreno all’Adriatico, fino ad Ortona, in posizione ottimale per controllare le vie d’accesso verso Roma, e per questo qui si appostarono i tedeschi, mentre da Sud risalivano le truppe. Nelle battaglie morirono tedeschi, britannici, polacchi, francesi accompagnati dalle loro truppe marocchine, americani e italiani e la città fu letteralmente rasa al suolo dai bombardamenti.

Nota proprio per questi fatti come la Città Martire per la pace e la Medaglia d’oro al Valor Militare, Cassino è ora una moderna città che con il Monumento della Pace di Umberto Mastroianni, invita le future generazione a non perpetrare le distruzioni della guerra che qui si sono verificate.

A Cassino c’è una zona archeologica di grande interesse, con vestigia romane, tra le quali il mausoleo di Ummidia Quadratilla, l’anfiteatro e un teatro, che attualmente viene ancora utilizzato per spettacoli pubblici.

Siamo alle pendici del monte Farfo. Lungo la strada si incontrano ancora la Rocca Janula – fatta edificare nel X secolo dall’abate Aligerno , distrutta dai bombardamenti e ricostruita – e quanto rimane delle antiche mura dell’acropoli (IV secolo a.C.) prima di giungere all’Abbazia di Montecassino, il più famoso monastero benedettino d’Europa, fondato intorno al 529 da san Benedetto, più volte devastato nel corso dei secoli e ogni volta ricostruito. Disastroso fu il bombardamento del 15 febbraio 1944, dal quale si salvarono solamente le basi dei pilastri della chiesa e parte della cripta. Gli alleati bombardarono l’abbazia pensando fosse occupata dai tedeschi, ma invece vi si era rifugiata la popolazione di Cassino, che rimase uccisa. Le opere d’arte contenute nell’Abbazia furono trasferite a Roma dai tedeschi prima del bombardamento, ma molte furono trafugate durante il trasporto.

La ricostruzione, ad opera dello Stato Italiano, è stata lunga e faticosa (solo nel 1964 papa Paolo VI potè riconsacrarla) ma ha cercato di mantenere quanto possibile dell’aspetto originario, come i chiostri, che serbano le linee rinascimentali, conservando anche qualche antica statua recuperata. Anche la facciata della chiesa presenta l’originario aspetto seicentesco; all’interno sono collocati i capolavori di Pietro Annigoni, tra cui il grande affresco della Gloria di San Benedetto. Preziosissimi sono la biblioteca e l’archivio, ricco di 2000 codici, 350 incunaboli e numerosi documenti sulla vita dell’abbazia, tra cui il Placito Capuano, del 960, ritenuto il primo documento in lingua volgare.